La corte di Cassazione, con la sentenza n. 3196 del 4 febbraio 2019, ha confermato un indirizzo stabile della nostra giurisprudenza di legittimità secondo cui "richiedere ai fini dell’assunzione un requisito di statura minima identico per gli uomini e per le donne viola in principio di eguaglianza sostanziale di cui agli art.. 3 e 37 Cost, e dunque è causa di una discriminazione indiretta poiché svantaggia la donna in modo proporzionalmente maggiore rispetto all’uomo, in considerazione di una differenza fisica statisticamente ed obiettivamente dipendente dal sesso".
Nel caso in esame è stata Trenitalia SpA ad escludere una donna da una selezione perché non rispondente ai criteri fisici fissati nei regolamenti interni ed accordi collettivi per la posizione messa in concorso.
L'azienda, nel corso del giudizio, non è stata in grado di provare il collegamento causale tra il minimo staturale richiesto e la funzionalità e sicurezza della mansione da svolgere (nello specifico capo treno servizi).
E' stato, dunque, riconosciuto il diritto della donna indirettamente discriminata di essere assunta, sin dal momento del rifiuto, nel ruolo per la cui selezione aveva partecipato.
Il concetto di discriminazione indiretta nell’ambito del diritto antidiscriminatorio per ragioni di genere ha fatto il suo ingresso nel nostro ordinamento con la Legge n. 125 del 10 aprile 1991, mediante la quale si intraprese una vera e propria strategia di promozione del lavoro femminile.